Hannes Pasqualini sarà ospite del Centro sociale Bruno il giorno 27 ottobre all'interno della rassegna IndieTRO TUTTA.
Ecco di seguito un intervista rilasciata qualche mese fa al sito komix.it
Ecco di seguito un intervista rilasciata qualche mese fa al sito komix.it
Metamorfosi del pensiero, malformazioni dell’inconscio e filosofia del tempo libero
di Claudio Parentela
© Hannes Pasqualini |
Hannes Pasqualini
Dove vivi e lavori?
Bolzano, al momento.
Quali sono le tue influenze?
Le influenze sono veramente molte, e la maggior parte provengono da ambiti diversi dal fumetto (sono convinto che i fumettisti non dovrebbero ispirarsi ai fumetti di altri, ma guardare oltre). Prima di tutto c'è il cinema: David Lynch, David Cronenberg, Mamoru Oshii, Katsuhiro Otomo, Miyazaki, Wong Kar-Wai... ma sono solo alcuni dei nomi che mi ispirano e mi influenzano. Poi c'è l'illustrazione, il graphic design, videogiochi come Samorost 1 e 2 di Amanita Design, Syberia 1 e 2 di Benoït Sokal, Half Life 2, l'umorismo schizoide dei Monty Python, i dipinti murali di Blue, la fantascienza di Philip Dick e di William Gibson.
Ovviamente, leggo anche un sacco di fumetti e sono diversi i nomi che mi hanno influenzato in maniera più o meno evidente nel corso degli anni. Prima di tutto c'è il maestro Moebius e gli altri mostri sacri di Metal Hurlant come Bilal e Caza. Poi c'è Jamie Hewlett di Tank Girl. Estremamente importanti sono stati anche Daniel Clowes, Chris Ware, Charles Burns, Guy Davis, Mike Mignola, Dave McKean e altri personaggi del panorama indipendente d'oltre oceano. L'influenza più forte viene tuttavia da molto più vicino, ovvero da Armin Barducci, con il quale ho fondato Monipodio!, mandato avanti per diversi anni la Scuola del fumetto di Bolzano e fantasticato su innumerevoli progetti futuri. C'è un assurdo miscuglio tra stima e invidia che lega i nostri percorsi artistici.
© Hannes Pasqualini |
L'ispirazione viene spesso da dentro, da qualcosa che mi occupa interiormente. A volte sono ansie, paure, che poi mutano, cambiano, possono trasformarsi in sogni, speranze, desideri. Generalmente mi sveglio la mattina con delle idee che mi frullano per la testa. Ma anche camminare, andare in giro con la musica nelle cuffie e guardare la città e le persone mi ispira molto. A volte quando devo trovare un'idea e non mi viene in mente nulla, mi faccio un giro, osservo le persone, cerco di trovare qualcuno di veramente strano e di immaginarmi la sua storia... Ammetto che da questo punto di vista Bolzano sia una città un po' scarsa... manca di una certa qualità scenografica. Ho vissuto a Berlino per un po' e li era tutta un'altra cosa. Credo che me ne andrò da qui, prima o poi.
Come descriveresti la tua arte?
Metamorfosi del pensiero, malformazioni dell’inconscio e filosofia del tempo libero, e un po' di sana inquietudine per legare il tutto.
Qual è il media con cui preferisci lavorare (esprimerti)?
Amo molto disegnare con il pennello e la china, pasticciare con Photoshop, usando texture di materiali più disparati. Mi piace combinare elementi analogici e digitali, fotografia e disegno, sperimentare con l'interazione di questi mondi.
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A parte quelli già citati sopra? Credo che sia abbastanza impossibile amare un artista senza farsi influenzare dal suo lavoro, anche se è decisamente possibile il contrario.
I tuoi progetti attuali?
Attualmente sto lavorando a quattro progetti abbastanza impegnativi. Il primo si intitola Dog Show ed è una cosa abbastanza sperimentale. Io l'ho definito un fumetto parassita, cioè un fumetto che assorbe da altri media le strutture narrative e iconografiche per raccontare la storia. Questo progetto è nato come tesi di laurea, ho appena concluso la triennale in design qui a Bolzano, e ora sto cercando un editore abbastanza coraggioso da pubblicarlo. Per spiegare meglio di cosa si tratta cito un pezzo dell'abstract: «La storia viene raccontata attraverso le tracce che gli eventi avrebbero potuto, ipoteticamente, lasciare nel mondo mediatico. Essa si presenta come una raccolta, una ricostruzione, un case file criminalistico. Tuttavia non ci troviamo né deposizioni di testimoni, né verbali di polizia. La storia è un collage di frammenti mediatici. I materiali usati spaziano dal film poliziesco al reality show, passando da telegiornali, quotidiani, riviste e video diari in stile Youtube.»
L'altro progetto grosso, sempre un graphic novel, è Giètz, una storia sul Jazz, amore e speranza nell'Italia del dopoguerra, alla quale sto lavorando con Andrea Campanella (con cui ho già fatto Round and Round). La sceneggiatura è quasi ultimata, per cui tra un mese dovrei cominciare a disegnare le prime tavole, e ne avrò per un bel po' (di prossima pubblicazione per Tunué, ndr).
Con Armin Barducci invece sto lavorando, questa volta in veste di curatore, alla prima raccolta di Political Comics (politicalcomic.blogspot.com, senza la "s").
E infine l'ultimo grande progetto, che purtroppo è rimasto fermo per molto tempo a causa della tesi, è una serie intitolata Lux Aeterna che sto pubblicando on line su Alien Press (www.comicus.it/alienpress). Lux Aeterna parla di una persona che un giorno si rende conto di avere, suo malgrado, un'aureola che gli fluttua sopra la testa. A settembre dovrebbe uscire il nuovo episodio di questa serie.
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Ammetto di non essermi mai impegnato molto per esporre i miei lavori. Credo che in fondo mi faccia strano vedere i miei disegni appesi a un muro, dietro un vetro. Non è lì che devono stare, ma stampati e rilegati. I fumetti si leggono e non si guardano. Non che questa sia una presa di posizione contro le mostre, anzi, i fumetti sono anche fatti di disegni, che hanno un valore e un impatto anche se estratti dal contesto narrativo.
Malgrado tutto, un paio di mostre poi le ho comunque fatte: a Vienna, nel 2006 ho partecipato alla mostra collettiva Monster Show della galleria Inoperable, e nel 2007 sono stato presente con i miei lavori al Napoli Comicon per Futuro Anteriore, oltre alle mostre che abbiamo organizzato con Monipodio! come quella sul fumetto muto (No Words Comics, del 2006).
Musica che ascolti?
Ascolto un sacco di musica, che spazia tra molti generi diversi, spesso quasi incompatibili fra di loro. Ho sempre amato le voci cupe e profonde, come quella di Nick Cave o quella di Andrew Eldtrich dei Sisters of Mercy. In generale mi piace molto quella parte di musica un po' depressa degli anni Ottanta, Depeche Mode, Cure ecc. Un'altro genere che amo tantissimo è il soul e il funk, soprattutto quello degli anni Settanta. Questo forse perché i primi dischi che ascoltavo da bambino erano tutti di soul, che aveva mia madre. Percy Sledge, Bobby Womack, Otis Redding, Brothers Johnson sono solo alcuni dei nomi per me fondamentali. Oltre a questo ascolto un sacco di musica elettronica, breakbeat, instrumental hip hop. Dj Shadow, Rjd2, Console, Ugress... e potrei continuare con il fintango di Olavi Virta, gli strumenti giocattolo di Detektivbyrån o le reinterpretazioni cha-cha-cha dei Kraftwerk create da Senor Coconut.
In generale la musica è anche una grande fonte di ispirazione. Viaggiare in treno osservando il panorama o camminare per la città con la musica in cuffia mi fa sempre produrre un sacco di immagini mentali, che poi possono evolversi in una storia. E ovviamente mentre disegno ascolto sempre qualcosa.
Libri preferiti.
Come dicevo, prima di tutto (in senso cronologico) c'è la fantascienza e il cyberpunk di Dick, Gibson e Ballard. Alcuni libri come Ubik di Dick o The Drowned World di Ballard sono tuttora tra i miei preferiti assoluti. Rimanendo nel fantastico mi sono piaciuti molto anche i romanzi di Neil Gaiman, soprattutto American Gods e ho una irrazionale venerazione per Le ansie carnivore del niente di Jodorowsky, che è un libro completamente malato e psicotico.
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Non così male come molte persone con cui ho parlato ultimamente.
La visione che posso avere del mercato e della scena sono molto limitate dal fatto che vivo in un posto decisamente poco favorevole. Tuttavia da quello che ho potuto constatare, credo che alcuni settori, come il fumetto popolare, siano decisamente messi male. Non so se tra dieci anni esisteranno ancora fumetti come Tex o John Doe. Quello che rimarrà è tutto il resto, il fumetto più autoriale, più personale, più maturo, ma non so quanto questo possa funzionare senza un mercato mainstream funzionante a supportarlo logisticamente. Da un lato ho paura che possa fare la fine del teatro, diventare un linguaggio un po' intellettualoide per pochi eletti, con tutti i problemi che ne derivano. D'altra parte mi rassicurano le recenti evoluzioni nel mondo dell'arte pop e dei cosiddetti toys. Credo che il fumetto abbia ancora molte potenzialità da scoprire, anche a livello di mercato. Il problema specifico dell'Italia è forse che sta diventando un mercato un po' stretto, con sempre meno capitali da investire, fatto di fumettisti che fanno fumetti per altri fumettisti. Se i capitali diminuiscono c'è il rischio di perdere anche professionalità e coraggio imprenditoriale. Probabilmente ci vorrebbe un mercato più europeo sul quale agire, cosa che in parte già esiste e funziona, ma appunto solo in parte.
Al di là di queste considerazioni di natura più editoriale, della scena italiana mi piace molto il potenziale autoriale. Secondo me ci sono molte mani e molti cervelli dal grande potenziale, che però non danno il massimo visto che mancano un po' le sfide e le prospettive.
Come sono in genere le reazioni al tuo lavoro?
Spesso le persone che vedono i miei lavori cercano di convincermi a fare una qualche terapia. Quelli che invece apprezzano, generalmente seguono già una terapia per conto loro.
© Hannes Pasqualini |
Credo che molte persone fraintendano cosa vuol dire libertà, credendo che significhi poter prescindere dai meccanismi di un linguaggio o dalle aspettative di un pubblico di lettori. Per me fare fumetti è un gesto dialettico, uno scambio.
Lavorando come designer in un'agenzia mi trovo spesso a fare lavori dove devo assecondare il volere (a volte completamente irrazionale) di un cliente o le esigenze commerciali del lavoro che sto facendo. A volte è come parlare con una persona, con qualcuno che continua a suggerirti quello che devi dire e come lo devi dire. La libertà è poter parlare direttamente con la persona decidendo cosa dire e come dirlo nel modo migliore.
Qualche consiglio da dare infine agli aspiranti artisti?
Non so se sono la persona più adatta a dare consigli. Ma avendo fatto diversi sbagli nella mia vita e avendone tratte le mie conclusioni forse qualcosa di utile posso dirlo. Fare fumetti (come fare qualsiasi altra cosa) non è una questione di conoscere le regole, ma di capire i meccanismi del linguaggio. Non è tanto una questione di tecnica ma di espressione, di avere qualcosa da dire, da raccontare.
Credo che sia molto importante essere innanzitutto chiari e sinceri con se stessi. Il fumetto probabilmente non vi renderà ricchi, non attirerà gli esponenti dell'altro sesso, ne vi farà finire sulla copertina di Rolling Stone. Ma poi chissenefrega, no?
1 commento:
ciao, voi siete dei fichi, sono passato di sfuggita alla presentazione e avete anche un atteggiamento positivo
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